- Pubblicata il 12/06/2020
- Autore: Umpalumpa
- Categoria: Racconti erotici tradimenti
- Pubblicata il 12/06/2020
- Autore: Umpalumpa
- Categoria: Racconti erotici tradimenti
Una volta ancora - Palermo Trasgressiva
Sono una donna di 43 anni, non metto né il mio né il nome del coprotagonista di questa storia per mantenere l’anonimato: non mi va di usare dei nomi di fantasia in quanto quel che è successo lega me e lui e nessun’altro, e col tempo ne sono diventata quasi gelosa…. sono stata vittima ma anche artefice di una cosa che non pensavo avrei mai potuto fare. Sposata da molto, con figli (dei quali uno si chiama come lui), non mi sono mai ritenuta una bella donna, non sono alta e non ho né un fisico prestante (un fisico segnato dalle gravidanze) né un seno prosperoso ma ho un bel carattere che dicono essere solare e di compagnia, mi definisco un po' stronza ma evidentemente ho anche delle caratteristiche che piacciono se, per 3 anni, ho ricevuto in ufficio biglietti di auguri anonimi per il mio compleanno. Ogni anno, a giugno, trovavo nella posta interna o sulla scrivania in busta chiusa messaggi di auguri firmati solo “X”. Anonimi finché lui un giorno ha deciso di “vuotare il sacco”: durante un evento aziendale, con la scusa di una battuta di qualche giorno prima sui miei difetti, mi ha confidato come lui stravedesse per la mia risata e la mia autoironia e ha concluso dicendo “magari, dal prossimo anno, i biglietti di auguri per il tuo compleanno li firmo”. Sono stata enormemente stupita della scoperta, tanto presa alla sprovvista quanto felice, non sono davvero riuscita a nasconderlo e da allora è nato un rapporto profondo che anche a causa mia è cresciuto a dismisura. C’è sempre stata una certa sintonia, recentemente abbiamo cambiato sede di lavoro e lui era il responsabile del trasloco, una mia collega ora in pensione mandava me a chiedere informazioni con la scusa del “si vede che tra voi c’è feeling”, ed è vero, al di là di tutto quanto accaduto e che sto per raccontare la sintonia e il capirsi con uno sguardo ci sono stati per anni e permangono tutt’ora: ci sono persone con le quali si nota subito una certa “chimica innata”, lui per me è certamente una di queste. Tuttavia non ho mai voluto mettermi in certe situazioni perché non mai stata mia intenzione tradire mio marito, e mi sono più volte sentita in colpa nei confronti suoi e dei miei figli nell’intrattenere quel rapporto per lo più epistolare, qualche pausa caffè ma nulla più, con questo collega a sua volta sposato e padre che sapevo essere innamorato in quanto non ne ha mai fatto mistero (ed è sempre stato molto diretto, aggiungo). Mi lusingava molto leggere i suoi complimenti così come ricevere le sue innumerevoli attenzioni: è un magnifico corteggiatore e io pur sapendo che avrei dovuto resistergli non sono mai stata in grado di farlo, di non lasciarmi prendere le mani, di schivare i suoi baci sui miei capelli, rubati in corridoio o in sala caffè. I bigliettini che trovavo nel cassetto della scrivania mi facevano sempre sobbalzare ed erano un piacere che alle volte rispolveravo e rileggevo, e rileggo tutt’ora: da quanto tempo non mi sentivo così… è capace ancora oggi di farmi sentire una regina, cosa che dopo più di vent’anni di relazione di cui molti di matrimonio non è in grado di fare mio marito.
Tutto questo ha fatto sì che un giorno, dopo un “braccio di ferro” durato due anni, succedesse l’inimmaginabile e l’irreparabile: mi ha dato un appuntamento in un luogo del quale avevo solo visto qualche cartello sulla statale, cartello qualche volta commentato anche con mio marito: un motel molto curato lontano dalle rispettive case, per stare tranquilli e per quanto possibile lontano da sguardi indiscreti. Mi ha detto solo, con quel fare giocoso che molto contraddistingue il nostro rapporto, “Domani sarò li, raggiungimi, ti aspetterò poco prima dell’ingresso”…. Mi sono chiesta se scherzasse ma anche da alcune sue battute avevo capito che non era così, e comunque andare sul luogo dell’appuntamento a controllare se davvero lo avrei trovato li non mi sarebbe costato nulla, al massimo sarei arrivata in ufficio un po' più tardi. Già alla sera avevo lo stomaco chiuso e ho cenato di malavoglia, non sono stata loquace come al solito; la notte è stata costellata di pensieri e paure, per fortuna mio marito non ha tentato alcun approccio fisico dovendosi alzare molto presto, ma al mattino quasi come un automa seguendo movimenti quotidiani ripetuti all’infinito mi sono alzata, lavata, vestita e ho preso l’auto solo che invece di andare in ufficio sono andata al motel, cercando la strada sullo smartphone per non lasciare traccia sul navigatore dell’auto, unico lampo di razionale lucidità in un momento di completa altalena emozionale. Lui era lì: gli ultimi chilometri prima di arrivare mi sono chiesta cosa sperassi, se trovarlo o no, e cosa sarebbe stato meglio. Mi aspettava fuori accanto alla sua monovolume, ero sinceramente ed inaspettatamente felice del fatto che non mi avesse dato buca, mi ha accompagnato a parcheggiare e fatta salire in auto dopo avermi baciata su una guancia senza dire nulla, ero rossa e imbarazzatissima: siamo entrati passando dalla reception, sempre restando in auto, e ci hanno indicato la strada per la nostra camera. Abbiamo parcheggiato nell’apposito spazio, con la tenda che scende fino a terra, e siamo entrati nella camera che replicava una spiaggia hawaiana, luci soffuse, letto in bambù, palme intorno….devo dire uno scenario inatteso ma nulla, in quella giornata, si sarebbe rivelato nella norma e stavo per scoprirlo molto a breve… di per sé non ero mai nemmeno stata in un motel, con mio marito anche prima di avere casa avevamo per fortuna altri spazi utili senza dover cercare soluzioni alternative. “Voglio fare un gioco” mi ha detto, e impaurita ho chiesto di che gioco si trattasse. “Spegniamo tutte le luci, dopo esserci allontanati, e cerchiamoci senza parlare nel buio più totale finchè ci troviamo” “e quando ci troviamo?” “quando ci troveremo, lo saprai”. Sbagliavo, ne ero consapevole, ma era tutto talmente intrigante che non ho saputo dire di no. Ero ancora persa nei miei pensieri quando il “click” delle luci mi ha riportato alla realtà, il buio era totale e non avevo nemmeno lasciato la borsa a tracolla da qualche parte. A tentoni ho trovato un ripiano e la ho appoggiata, cominciando poi a muovermi lentamente al buio, col cuore a mille e la paura di inciampare: avevo visto degli scalini, un paio, tra la zona del letto e la parte della camera con vasca idromassaggio e doccia. Sarà passato un minuto, ma mi è parso eterno, quando ci siamo sfiorati al buio, ho avuto un sussulto, lui se ne è accorto e prontamente mi ha individuato muovendo una mano fino a toccare la mia schiena. Con l’altra ha cercato di capire quale lato di me avesse per le mani, ed è bastato girarsi per ritrovarsi una nelle braccia dell’altro. Avevo il viso nella curva del suo collo, la barba mi sfregava sulla fronte, non mi opponevo alle mani che mi accarezzavano sulla schiena e giù fino al sedere, “le chiappotte” o davanti su “la panzotta” come li chiama lui. “Non tremare” mi ha sussurrato: nemmeno mi ero accorta di farlo, ero in uno stato di piacere e paura e non capivo quale delle due sensazioni vincesse. Rendendomi conto che si stava sciogliendo dall’abbraccio ho detto, risoluta “non accendere la luce!” “non intendo farlo, stai tranquilla” ha risposto calmo. Penso fosse perché avevo paura di vedere un volto, il suo, che non era quello che vedevo di solito in quei frangenti. “Volevo solo slacciarti i bottoni…” ha aggiunto “e mi serviva un po' di spazio!” ridendo. I bottoni della camicetta fucsia, a motivi floreali (mi ricordo ancora…) saltavano uno dopo l’altro. Me la ha sfilata e lasciata cadere a terra, mi ha accarezzato il ventre, la schiena, mentre mi baciava il collo, la fronte, le spalle…. Ho sentito il mio viso prendere fuoco per l’imbarazzo e l’emozione e quando mi ha slacciato il reggiseno, sfilando anche quello, sono passata all’azione: indossava una polo con il logo della nostra azienda, i due bottoni che aveva chiuso non hanno opposto molta resistenza, in mezzo minuto gliela ho sfilata e gettata via. Volevo sentire il sapore della sua pelle, lo volevo addosso, era come se improvvisamente tutto fosse venuto meno, le paure, le ansie…. Ho preso a baciarlo a mia volta, sul collo, sul petto sulle spalle e per la prima volta ci siamo baciati sulla bocca, un bacio d’amore, prima dolce, mentre intrecciava le dita della sua mano ai miei capelli, poi passionale, mordicchiandoci le labbra, mi piaceva sentirlo mordere dolcemente le mie guance e il mio mento, sempre con delicatezza per non portare a casa segni strani difficili da giustificare. Le mani hanno preso a viaggiare da sole, seguendo gesti ben noti ad entrambi ma su corpi sconosciuti, e ci siamo ritrovati nudi quasi senza rendercene conto. Tenendomi per mano mi ha chiesto se potesse accendere la luce, per andare verso il letto: “Troppo facile…” ho sussurrato sorridendo, un po' per gioco un po' per paura, non mi piaccio, il mio fisico non mi piace, mi sentivo confortata dal buio perché non permette giudizi altrui. Con molta attenzione, e con tutta la cura di cui è capace con me, mi ha guidato e insieme abbiamo trovato il letto. Ci siamo sdraiati, io sopra e lui sotto: sentivo il suo pene già duro insinuarsi tra le mie cosce mentre ci baciavamo, mi ha tirato sempre più su per baciarmi i capezzoli, tra i seni, giù fino all’ombelico e tra le gambe: aveva sempre detto di voler baciare ogni centimetro del mio corpo, sorridevo al buio pensando che se ne era perso qualcuno ma in quel momento andava bene così, per quanto nella mia mente resisteva il pensiero che fosse tutto terribilmente sbagliato. Il primo contatto della sua lingua sul clitoride mi ha fatto sussultare: non ero pronta, mi ero distratta e oltretutto era una sensazione che non provavo da un po'. Ho lasciato che facesse, in fin dei conti mi è sempre piaciuto il sesso orale, e devo dire che ci sapeva fare, senza volerlo mi sono ritrovata e premere i miei fianchi sul suo viso fino a gemere e godere, deve essersene accorto perché l’ho sentito dire sottovoce “vieni… voglio sentirti venire…” una pausa parlata tra un movimento di lingua ed un altro finché tremando ho provato un orgasmo pieno ed appagante. Mi sono lasciata cadere di lato, e subito lui era su di me ma volevo “vendicarmi” per cui gli ho intimato di stare sdraiato sulla schiena, era il mio turno. Partendo dal collo, giù per il petto, i capezzoli, l’ho torturato baciandogli il ventre sentendo e sapendo che soffriva il solletico, lo sentivo reagire in modo incontrollato sotto la mia lingua e mi piaceva sentirlo ansimare, ho continuato per un po' prima di tuffarmi sul suo pene che ho prima accarezzato con le mani e poi preso tra le mie labbra, cominciando un pompino con cui volevo mandarlo in estasi, volevo prendermi cura di lui come lui aveva fatto con me. Ad un tratto, gemendo, ha detto solo due parole: “… ti voglio...” mi sono sollevata e accomodata su di lui, e l’ho baciato un’ultima volta prima di accoglierlo dentro di me: era una sensazione strana, una presenza diversa da quella sempre avuta ma in quel momento non mi importava, anzi cercavo di approfittare della situazione (“se devo farlo, e lo sto facendo, tanto vale farlo bene” mi sono detta). Mi sono accorta che a livello di dimensioni eravamo abbastanza compatibili, cosa che mi ha sempre incuriosito scoprire e che a volte mi sono chiesta quando, fantasticando, mi è capitato di fare pensieri “alternativi” con altri uomini (non avevo mai mancato di rispetto al mio uomo, ma questo non vuol dire che sia insensibile al fascino maschile o che non sia curiosa…). Amo stare sopra e glielo ho fatto capire in ogni modo: mi contorcevo mentre lui mi stringeva i fianchi o i seni, quasi con violenza e a volte sculacciandomi, e si tirava su mordendomi i capezzoli, baciandomi il collo e a tratti tirandomi i capelli mentre non riuscivo a fermarmi, lo volevo dentro di me, sempre di più, sempre più a fondo. Dopo un inizio focoso abbiamo rallentato un attimo, assecondavamo piano i movimenti l’uno dell’altra, sdraiata su di lui mi muovevo appena lasciando che i miei capezzoli strisciassero sul suo petto mentre in silenzio, a tratti ansimando piano, mi penetrava senza fatica, prima giocando appena dentro di me per qualche centimetro, per poi scivolare a fondo, con calma ma risolutezza. Dopo qualche minuto così ho sentito un nuovo orgasmo salire piano dal mio ventre, sempre più forte finché urlando sono venuta di nuovo implorando che venisse a sua volta, mi ha accontentato poco dopo, quando dopo aver assecondato i suoi affondi sempre più decisi ho sentito il suo pene pulsare e piano perdere vigore, ed il calore del suo seme nelle profondità della mia carne. È stato tutto talmente intenso che neanche c’è stato il tempo di prendere il preservativo, per fortuna uso la pillola ma lui non lo sapeva tant’è che, ansimando, dopo altri baci mi ha detto ridendo “dopo passiamo in farmacia…” “non serve, prendo la pillola!” ho risposto staccandomi lentamente da lui e accendendo la luce. Volevo vederlo, volevo mi vedesse, aveva avuto e amato tutto di me e ormai non aveva più senso nascondersi e mi sono accorta di quanto mi nascondessi da tantissimo tempo e di quanto non fosse invece successo poco prima: i gemiti, il trasporto dell’orgasmo, sensazioni represse nella normalità per via delle solite situazioni delle coppie con figli, la paura di essere scoperti o visti, è sempre tutto sommesso, quasi “rubato” proprio quando non c’è nulla da nascondere mentre qui, dove tutto è immorale e dove non dovrei essere, ho ritrovato il piacere di lasciarmi andare al cento per cento. L’ho guardato per la prima volta, nudo, un tatuaggio che faceva capolino sulla spalla sinistra e l’ho trovato appagato, felice e sorridente accanto a me: sentivo il suo seme bagnarmi l’inguine e le cosce ma non mi interessava, era come se si fosse sbloccato qualcosa, ho ripreso a prendermi cura di lui e ancora baci, ancora carezze, ancora risate e attenzioni e coccole, ho voluto passare la lingua su uno dei suoi tatuaggi (mio marito non ne ha) per capire cosa si provasse, è curioso, rimane quasi in rilievo, gli piaceva che lo facessi e ho indugiato per un po' su quello che ha sulla schiena, un albero dal tronco bianco con 7 stelle in alto. Questa volta sono stata io a prendermi cura di lui principalmente, e quando dopo una mezz’oretta (ipotizzo, ripenso a quel giorno come una serie di eventi sospesi nel tempo) il suo pene ha ritrovato vigore l’ho subito baciato e ripreso dentro di me e mi ha posseduta come non accadeva da tempo: mio marito quasi sempre appagante ma stanco, alle volte con poca verve, lui un paio di anni più giovane di me non palestrato né fisicamente prestante, ma con una voglia matta e l’incrollabile desiderio di farmi sentire appagata e regalarmi una giornata unica. Abbiamo fatto sesso, abbiamo fatto l’amore, ridendo, giocando, mordendoci e godendoci come prima a volte con furia e a volte con tutta la calma del mondo, era bellissimo sentirlo dentro di me, e per quanto si muovesse piano o con più veemenza non mi ha mai fatto male né dato fastidio, ho accettato ed assecondato tutto quanto stesse facendo così come lui mi ha lasciato fare in tutto e per tutto, le parole non erano necessarie, semplicemente eravamo all’unisono. Mi sono accorta che mi piaceva da morire sentirlo dentro di me mentre mi perdevo nei suoi occhi verdi… Non sono più venuta, nonostante il mio corteggiatore abbia provato in tutti i modi, mentre lui dopo avermi avuta sopra di sé, alla missionaria, a pecorina, e di nuovo alla missionaria mi ha riempita una seconda volta con gemiti di godimento sempre più forti, abbandonandosi poi col suo peso sul mio corpo, quasi schiacciandomi mentre ansimando mi baciava ancora, e ancora, quasi a voler recuperare quei centimetri della mia pelle che aveva lasciato per strada poco prima.
Una doccia veloce e un bagno caldo rilassante ci hanno accompagnato di nuovo a letto, dove stavolta siamo caduti addormentati uno abbracciato all’altra. La sveglia fissata in precedenza per non fare tardi ci ha riportato alla realtà: ci siamo rivestiti non senza difficoltà, lui ha voluto indugiare ancora sui miei capezzoli e tra le mie gambe dedicandosi a mordere per un po' le mie abbondanti natiche, e tenendoci per mano siamo tornati all’auto; ha pagato il conto alla reception, mentre lo guardavo ripensavo all’accaduto e mi sentivo in un turbine di sensazioni contrastanti. Avevo tradito mio marito, il padre dei miei figli, l’amore della mia vita da quando sono adolescente e tuttavia non mi sono mai sentita negli ultimi anni così appagata non solo sessualmente, quel tipo di appagamento bene o male non manca, ma per tutta la cura e le attenzioni ricevute. “Tutto bene?” mi ha chiesto baciandomi sui capelli, nemmeno mi ero accorta fosse risalito in auto. Non ho saputo rispondere, l’ho baciato mentre una lacrima rigava la mia guancia, mi ha guardata e so che ha capito. Ho fatto una cosa sbagliata, ne sono consapevole e non c’è discussione, ma è possibile pensare di aver fatto bene a farla? Mi ha accarezzato la mano e nuovamente mi ha baciata sui capelli. “Ciao, panzottina mia” sono le ultime parole che ho sentito salutandolo, prima di risalire sulla mia auto per tornare ognuno a casa sua, dai rispettivi partner. Il tragitto non era breve per nessuno dei due, un’oretta circa, e ancora mi domando come abbia fatto ad arrivare a casa: vedevo la strada tra le lacrime e gli occhiali, che più volte ho tolto singhiozzando, e ho dovuto accostare quando alla radio hanno passato “Una volta ancora” di Fred de Palma, canzone in qualche modo nostra, che lui non conosceva e che gli ho fatto sentire io per la prima volta qualche mese prima. In quel momento, dopo quanto accaduto, “Una volta ancora”… suonava come una beffa, persa come ero tra i sensi di colpa che sgorgavano copiosi dai miei occhi e l’innegabile piacere fisico e cerebrale provato per tutta la giornata… oltre al significato del testo che non lascia spazio a dubbi, anche il video della canzone è molto sensuale: un ragazzo e una ragazza, giovani, il mare e l’accarezzarsi, in modo diverso tutte cose che ancora sentivo sulla mia pelle dopo la giornata appena trascorsa. Ho dovuto farmi forza per presentarmi a casa, alla solita ora, come se nulla fosse, come dopo una normale giornata lavorativa. Mio marito per fortuna non c’era, ho salutato i miei figli congedando la ragazza che li segue e li aiuta nei compiti e ho potuto chiudermi in doccia, finendo le lacrime e sfregando la mia pelle con vigore quasi a voler togliere ogni traccia di lui, ma continuando a pensare “Una volta… ancora….”.
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